Accordi sottoscritti (31)

“Tutto quello cui tenete è stato messo a repentaglio da quante di voi hanno deciso di aggredire un Regno che non aveva motivi di contesa con la vostra gente”, replicò Belladonna. “La mia padrona, la Regina Trionfatrice, non è irragionevole e non è animata da spirito di vendetta, e per lei la vostra schiavitù, che vi porterà a servire gli Uomini per le ere a venire è una punizione sufficiente per quanto è stato ingiustamente commesso. Queste sono le parole della Regina Trionfatrice, le ultime parole”.

Belladonna si interruppe e fissò con attenzione la Strega in seconda fila, l’unica che conservava asciutti gli occhi bianchi. Poi concluse: “La Provincia Occidentale del Regno è notoriamente povera e poco produttiva, vi resterà una Sorella su cinque, al lavoro nei campi della Regina che saranno affidati attraverso il governatore, ai sudditi meritevoli. A queste Sorelle sarà consentito conservare tutti, e sottolineo tutti, i riti e le tradizioni. Le altre Sorelle saranno utilizzate dove e come la Regina Trionfatrice vorrà. Se questo vi basta, firmate e rendete omaggio alla vostra padrona per mio tramite”.

Seguì qualche piccola clessidra di silenzio; le Streghe stavano valutando le parole dell’Elfa che, grazie al potere che la stava nuovamente colmando, si rese finalmente conto di come le sue interlocutrici in qualche modo che non aveva ancora ben chiaro riuscivano a condividere le proprie menti; si chiamavano Sorelle, ed a ragion veduta, dunque. Sempre grazie al potere, che diventava via via più saldo, Belladonna scoprì che solo una tra le Streghe presenti lì davanti a lei era ancora contraria alla resa, anche se non capiva di chi si trattasse; e scoprì pure che in qualche modo la Strega più giovane stava acoltando le altre Sorelle che facevano parte della Tavola e che erano rimaste nella città capitale. Prima che potesse alzare lo sguardo per interrogare Rebon, sentì distintamente la voce del piccolo ufficiale che diceva: “Bravissima, mia signora. Se adesso ti concentri potrai anche sentire le parole, e tu conosci la loro lingua. Non fermarti proprio ora”.

L’Elfa aguzzò le orecchie della mente, lasciandosi portare dall’onda del potere che diventava sempre più forte e più alta, e finalmente distinse una voce sconosciuta che sembrava venire da molto lontano. La voce modulava la musicale lingua delle Streghe in maniera del tutto diversa da quella che aveva mai sentito prima, con un ritmo ed una melodia che assomigliava ad un inno come quello che le fanterie di tutte le armate delle Terre Conosciute intonavano durante le marce per tenere il passo e non sentire la fatica. Forse a causa della particolare intonazione Belladonna non capiva cosa stesse dicendo finché il potere crebbe ancora fino a riempirla con una nuova ondata e la portò alla comprensione. La voce sembrava non appartenere a questa o quella Strega, ma interpretava i pensieri di più di una Sorella, forse di tutte quelle che facevano parte della Tavola, o forse di tutte le Sorelle nelle Terre dell’Ovest, o forse di tutte le Sorelle dovunque si trovassero. Una possibilità, questa, che fece rabbrividire l’Elfa. Ne comprese il significato: le Streghe stavano discutendo la decisione di arrendersi, ognuna di loro formulava il proprio voto e motivava il sì o il no.

Accordi sottoscritti (30)

Le Streghe si consultarono con uno sguardo: questione di una piccola clessidra. La più giovane faceva ancora segno di no con il capo, mentre rispondeva: “Mia signora, le Sorelle serviranno la tua padrona, la Regina Trionfatrice, come verrà loro ordinato. Ti chiediamo però di poter allevare la prossima generazione nel rispetto delle tradizioni antiche: e questo potrà avvenire solo nelle terre ancestrali”.

“La prossima generazione, come quelle che seguiranno nelle ere future, dovrà essere allevata perché serva la nostra padrona, la Regina Trionfatrice: sarà lei a decidere su questo, a mezzo del governatore e degli ufficiali che verranno designati”. Belladonna provò nuovamente a tagliare corto la discussione: aveva capito che le Streghe ancora tentennavano sull’orlo di due abissi, da una parte il rischio di sterminio immediato, dall’altra la schiavitù, la dispersione nelle Terre degli Uomini e la fine come razza e come cultura; private della lingua e dei riti, avrebbero certamente cominciato a mettere al mondo delle mezzosangue, fino a che nulla sarebbe rimasto del retaggio ancestrale; decise dunque di mettere le sue interlocutroci davanti alla scelta, in termini più che espliciti. Disse dunque: “Non voglio ordinare alla mia armata di liberarsi del peso di nove prigioniere su dodici prima di iniziare l’avanzata nei territori dell’Ovest: hyo visto che si tratta di combattenti coraggiose e di lavoratrici infaticabili che potranno essere utili alla ricchezza del Regno della mia padrona, la Regina Trionfatrice. Vi invito quindi, per l’ultima volta, a prendere la vostra decisione”.

L’Elfa sentì su di sé il peso di tutti gli sguardi: non solo gli occhi bianchi delle Streghe ma anche quelli degli Uomini e delle Donne nella sala erano puntati su di lei; avvertì anche un brivido nel potere, causato forse dalla sorpresa che avevano provato quelle dei presenti che erano connessi con lei, Rebon e, in altra maniera, la Bastarda. Tutti si chiedevano se realmente fosse disposta a uccidere a sangue freddo le Streghe che si erano arrese a discrezione – per le leggi di guerra ne aveva la facoltà ma negli annali delle Terre Conosciute non esisteva alcun precedente, neanche risalendo alle Ere Selvagge. E questo solo come primo passo della campagna che avrebbe portato all’occupazione della loro Terra, una occupazione che vista la premessa sarebbe stata devastante e sanguinosa in danno delle Streghe rimaste in patria, disarmate ed indifese. Le Streghe sapevano anche che gli ordini della Regina prevedevano lo sterminio degli Elfi, e sapevano come era stato ucciso il loro re: per quanto a loro conoscenza non vi era dubbio che poteva essere disposta per loro la medesima sorte, Eppure Belladonna sentiva attraverso il potere che le Streghe potevano essere disposte ad accettare la morte di tre quarti di loro, e magari di undici dodicesimi, purché le sopravvissute avessero avuto il modo, o almeno la speranza, di sfuggire alla schiavitù che la resa comportava.

“Mia signora”, disse finalmente la Strega, “le Sorelle vogliono vivere ed essere un popolo; essere un popolo significa conservare lingua, riti e tradizioni. Questa resa può garantircelo? Ce lo stiamo chiedendo, e lo chiediamo a te. Se la tua risposta, mia signora, è affermativa, firmeremo tutto quello che proporrai”. Dagli occhi bianchi della giovane Strega sgorgavano le lacrime, mentre parlava. “Le Sorelle, mia signora, sono disposte a fare qualsiasi cosa e ad affrontare ogni sacrificio per preservare una cultura che risale a innumerevoli ere”.

Accordi sottoscritti (29)

Le Streghe si consultarono con uno sguardo: questione di una piccola clessidra. La più giovane faceva ancora segno di no con il capo, mentre rispondeva: “Mia signora, le Sorelle serviranno la tua padrona, la Regina Trionfatrice, come verrà loro ordinato. Ti chiediamo però di poter allevare la prossima generazione nel rispetto delle tradizioni antiche: e questo potrà avvenire solo nelle terre ancestrali”.

“La prossima generazione, come quelle che seguiranno nelle ere future, dovrà essere allevata perché serva la nostra padrona, la Regina Trionfatrice: sarà lei a decidere su questo, a mezzo del governatore e degli ufficiali che verranno designati”. Belladonna provò nuovamente a tagliare corto la discussione: aveva capito che le Streghe ancora tentennavano sull’orlo di due abissi, da una parte il rischio di sterminio immediato, dall’altra la schiavitù, la dispersione nelle Terre degli Uomini e la fine come razza e come cultura; private della lingua e dei riti, avrebbero certamente cominciato a mettere al mondo delle mezzosangue, fino a che nulla sarebbe rimasto del retaggio ancestrale; decise dunque di mettere le sue interlocutroci davanti alla scelta, in termini più che espliciti. Disse dunque: “Non voglio ordinare alla mia armata di liberarsi del peso di nove prigioniere su dodici prima di iniziare l’avanzata nei territori dell’Ovest: hyo visto che si tratta di combattenti coraggiose e di lavoratrici infaticabili che potranno essere utili alla ricchezza del Regno della mia padrona, la Regina Trionfatrice. Vi invito quindi, per l’ultima volta, a prendere la vostra decisione”.

L’Elfa sentì su di sé il peso di tutti gli sguardi: non solo gli occhi bianchi delle Streghe ma anche quelli degli Uomini e delle Donne nella sala erano puntati su di lei; avvertì anche un brivido nel potere, causato forse dalla sorpresa che avevano provato quelle dei presenti che erano connessi con lei, Rebon e, in altra maniera, la Bastarda. Tutti si chiedevano se realmente fosse disposta a uccidere a sangue freddo le Streghe che si erano arrese a discrezione – per le leggi di guerra ne aveva la facoltà ma negli annali delle Terre Conosciute non esisteva alcun precedente, neanche risalendo alle Ere Selvagge. E questo solo come primo passo della campagna che avrebbe portato all’occupazione della loro Terra, una occupazione che vista la premessa sarebbe stata devastante e sanguinosa in danno delle Streghe rimaste in patrie, disarmate ed indifese. Le Streghe sapevano anche che gli ordini della Regina prevedevano lo sterminio degli Elfi, e sapevano come era stato ucciso il loro re: per quanto a loro conoscenza non vi era dubbio che poteva essere disposta per loro la medesima sorte, Eppure Belladonna sentiva attraverso il potere che le Streghe potevano essere disposte ad accettare la morte di tre quarti di loro, e magari di undici dodicesimi, purché le sopravvissute avessero avuto il modo, o almeno la speranza, di sfuggire alla schiavitù che la resa comportava.

“Mia signora”, disse finalmente la Strega, “le Sorelle vogliono vivere ed essere un popolo; essere un popolo significa conservare lingua, riti e tradizioni. Questa resa può garantircelo? Ce lo stiamo chiedendo, e lo chiediamo a te. Se la tua risposta, mia signora, è affermativa, firmeremo tutto quello che proporrai”. Dagli occhi bianchi della giovane Strega sgorgavano le lacrime, mentre parlava. “Le Sorelle, mia signora, sono disposte a fare qualsiasi cosa e ad affrontare ogni sacrificio per preservare una cultura che risale a innumerevoli ere”.

Accordi sottoscritti (28)

Belladonna pensò in fretta, scoccò un’occhiata a Rebon e finalmente rispose: “La mia padrona, la Regina Trionfatrice, è disposta a consentire alle Sorelle, se saranno suddite fedeli, devote e sottomesse, di praticare i rituali di accoppiamento e di addio purché in piccoli gruppi e sotto il controllo del suo governatore o di ufficiali all’uopo designati; è disposta a consentire che gli archivi delle Sorelle restino nella città che il governatore deciderà essere sede dell’amministrazione, purché gli stessi vengano fedelmente copiati, parola per parola e foglio per foglio, e le copie vengano trasmesse agli archivi reali; è infine disposta a consentire alle Sorelle, sempre se saranno suddite fedeli, devote e sottomesse, di praticare i riti di commiato, ma soltanto in numero che ogni stagione verrà dalla Regina decretato e dal governatore comunicato, e sempre sotto il controllo ed in presenza del governatore o di ufficiali all’uopo designati. Queste concessioni avranno la durata massima di dodici stagioni, e solo in caso di condotta ineccepibile delle Sorelle, e saranno revocate in caso di mancanze e inefficienze anche di una sola Sorella nei confronti della Regina, del Regno e delle Terre Conosciute”.

L’Elfa, appena pronunciate queste parole, se ne pentì. Ogni concessione apriva uno spiraglio nel quale le Streghe avrebbero potuto infilare un cuneo per chiedere ancora e ancora garanzie e trattamenti di favore, dilatando all’infinito i tempi della trattativa.

E infatti la giovane Strega rispose: “La tua padrona, la Regina, si dimostra fiera ma clemente nella vittoria. Le Sorelle ne sono felici e giurano qui che daranno correttamente corso agli obblighi del trattato che stanno per sottoscrivere. Per mio tramite, mia signora, ti chiedono altresì di precisare la sorte delle Sorelle dell’armata, prigioniere della Regina secondo le leggi di guerra. Non vorrà restituirle alla vita civile e dar loro occasione di servirla in altro modo, più acconcio? Sono brave lavoratrici, artigiane ed apprendiste, che pure saranno utili al suo Regno”.

Belladonna ebbe un gesto con la mano, a tagliare orizzontalmente l’aria, prima di rispondere: “Tutte le Sorelle serviranno la Regina Trionfatrice, loro padrona. A questo proposito sarà valutata l’opportunità, per una piccola parte di voi, di annullare il commiato, e così quelle che saranno prescelte potranno essere utilizzate nei bordelli del Regno, e altrove: so per esperienza che il gioco del piacere con una Sorella assicura sensazioni eccezionali e meravigliose, che la rarità rende ancora più preziose. Altre serviranno nei campi dei Regni degli Uomini, altre nelle officine, ed altre ancora saranno affidate a quelli che l nostra signora, la Regina Trionfatrice, vorrà premiare particolarmente per i servizi resi”. L’Elfa si interruppe per concedersi un sorriso soddisfatto. “Le Terre che sono state della Tavola, ed ora sono della Regina Trionfatrice, sono avare: vi resteranno delle Sorelle per lavorarle, nell’interesse degli Uomini cui saranno cedute, ma in piccolo numero”.

Accordi sottoscritti (27)

“Mia signora, ti chiediamo di elencare per iscritto e di aggiungere ai termini di resa delle Sorelle le libertà che la tua padrona, la Regina, vorrà concederci e garantirci. Ti chiediamo che tra queste vi sia quella di culto e quella dei riti di accoppiamento, del commiato e dell’addio. E infine, chiediamo la possibilità di conservare, con un gruppo di Sorelle scelte di comune accordo, il controllo degli archivi della Tavola, il cui accesso sarà comunque sempre possibile a chiunque sia inviato dalla Regina. A queste condizioni e con queste garanzie potremo sottoscrivere la resa senza ulteriore indugio”.

Nonostante fosse in qualche modo aiutata dal potere, l’Elfa impiegò qualche piccola clessidra per comprendere il reale significato delle parole in lingua comune accuratamente pronunciate dalla Strega: il commiato si riferiva alla pratica di sigillare le succose vagine delle Streghe dopo aver generato la figlia, e l’addio ai riti di sepoltura; le Streghe avevano elaborato un complesso sistema di credenze sulla vita dopo la morte – la loro paura di ferite e cicatrici erano originato dalla necessità di consegnare il corpo alla sepoltura intatto, in vista di una seconda vita – che erano incomprensibili e Uomini ed Elfi, così come era incomprensibile ad Elfi ed Uomini che le Streghe, comunque e con chiunque si accoppiassero – e sceglievano Uomini di tutte le Terre Conosciute, a volte anche Barbari delle Terre Sconosciute nel più freddo e desolato Nord oltre la frontiera e giganteschi uomini neri delle Isole – generavano immancabilmente una piccola Strega con gli occhi bianchi ben aperti da quando veniva estratta dal corpo della madre. Gli scienziati Elfici, era noto a Belladonna come a tutti i membri della corte, studiavano da stagioni il problema ma non riuscivano a venirne a capo; non era una pura ricerca scientifica, dal momento che era stata da tempo immaginata la possibilità di far nascere, da madri Elfiche accuratamente selezionate, figli con particolari caratteristiche, da destinare chi alle armi – avrebbero dovuto essere alti, forti, resistenti e possibilmente più stupidi degli Elfi delle classi lavoratrici cittadine, tradizionalmente il serbatoio di reclutamento delle truppe – chi alle officine o ai campi per rendere le une e gli altri più produttivi. Le ricerche vennero interrotte perché non fu mai possibile assistere agli accoppiamenti delle Streghe, che peraltro rifiutavano gli Elfi come stalloni.

Accordi sottoscritti (26)

Belladonna aveva studiato attentamente sia il diario, impigliandosi qualche volta nei termini più arcaici e inconsueti dell’antico Alto Elfico in cui era stato redatto, sia un asciutto commento di un ignoto ufficiale dello stato maggiore ben più vicino a lei nel tempo – probabilmente risaliva alle prime stagioni del regno di Szibelis – la cui conclusione era che le Streghe non potevano essere sottomesse con l’invasione delle loro inospitali Terre, ma solo con la deportazione di massa; tale convinzione era diventata dottrina militare consolidata alla luce di quanto consegnato alla storia: i superstiti restituiti alla vita avevano raccontato di una terra avara, di piccole fattorie date alle fiamme, di streghe stuprate e impiccate, delle colonne che avanzavano mentre venivano continuamente punzecchiate sul fianchi da piccoli nuclei colpivano e sparivano. e alla fine dell’impossibilità di rifornire un’armata: re Finlo aveva dovuto rinunciare ai reparti esploranti e di copertura sui fianchi di cavalleria leggera avendo dato ordine di uccidere e mangiare i cavalli per l’impossibilità di nutrirli. Molto probabilmente le Streghe conoscevano a loro volta le conclusioni dello Stato Maggiore Elfico, ed era proprio la deportazione che temevano, come conseguenza della perdita dell’autogoverno. Ma il Regno Elfico era già abbastanza ricco e prospero e non aveva certamente bisogno di campi sassosi che non riuscivano a fornire sostentamento a chi li lavorava.

“Mia signora”, aggiunse infatti la giovane portavoce della Tavola, “l’armata della tua padrona, la Regina, devasterà le Terre delle Sorelle se vi entrarà da nemica in guerra: cosa ne sarà di noi? E cosa ne sarà di noi se firmeremo questa resa? Esisteremo ancora come nazione?”.

“La mia padrona, la Regina Trionfatrice, non ha ragioni di odio nei vostri confronti, e sarete trattate con fermezza ma con equanimità: se sarete sottomesse, obbedienti, devote e disciplinate, come si addice a chi è di proprietà della Regina, le leggi della Regina vi proteggeranno e sotto il nostro controllo, potrete conservare almeno in parte il vostro culto ed i vostri riti. C’è posto per tutti, nelle Terre Conosciute, purché tutti siano sottomessi agli Uomini. La mia padrona non vuole dunque la distruzione delle Terre che vi hanno ospitato”.

Il sospiro di sollievo delle Streghe fu percepibile per tutti i presenti, non solo per Belladonna che aveva trovato un lembo del potere e vi si era aggrappata per capire quanto avrebbero ancora discusso le inviate della Tavola, e quando avrebbero ceduto. Grazie a quella maggiore chiarezza nella vista e nella comprensione l’Elfa non rimase sorpresa dalla successiva dichiarazione della giovane Strega.

Accordi sottoscritti (25)

Belladonna rimase muta ed immobile, e la Strega comprese che poteva continuare ad esporre proposte della Tavola. La voce melodiosa si fece più ferma, il tono più sicuro, la lingua comune padroneggiata quasi perfettamente con l’elegante accento delle Città del Sud.

“Mia signora”, disse dunque la Strega, “ti possiamo consegnare anche subito le Sorelle indegne che si sono rese responsabili dell’ingiusta aggressione al Regno della tua padrona, la Regina, e te le offriamo, lasciandolo alla mercé tua e della tua Regina, nel nome della quale parli. Potrai infliggere loro ogni punizione che la legge e la volontà della Regina, che nel suo Regno è legge, impone e prevede. Se questo la Regina vuole, noi resteremo qui in ostaggio per il tempo che la Regina deciderà, a garanzia del corretto adempimento da parte delle Sorelle di quanto stabilito dal trattato di pace. Le Sorelle della Tavola rimaste in patria provvederanno dunque all’esecuzione di tutte le clausole previste”. La strega si tacque e restò in attesa della risposta.

Belladonna incurvò le labbra sottili in un sorriso prima di rispondere: “Mia signora”, disse, “non siamo qui per trattare. La Tavola può scegliere tra sottoscrivere la resa, e vedere le Sorelle sottoposte alla legge della mia padrona, la Regina Trionfatrice, o rifiutare. In questo caso l’armata della Regina entrerà nella vostra Terra come in un Paese nemico, cui verranno applicate le leggi di guerra; in questo caso, ancora, le vostre Sorelle che si sono arrese senza condizioni non beneficeranno più della benevolenza della Regina Trionfatrice, la mia padrona. Sapete cosa significa, immagino”. Una pausa per sottolineare la dichiarazione, e l’Elfa aggiunse: “Siete giunte qui sotto bandiere di tregua e noi le rispetteremo: se non vorrete quindi sottoscrivere la resa, avrete due albe per tornare alla vostra città capitale prima che l’armata muova ed inizi l’ultima campagna”.

Le Streghe si scambiarono uno sguardo, come per consultarsi nuovamente; poi la loro portavoce abbassò il capo come per annuire e fu l’ufficiale, dietro di lei, a parlare: “Mia signora, la tua armata non troverà alcuna resistenza da parte nostra, sia che si accetti questa ignominiosa resa sia che la si rifiuti; se entrate da invasori nella Terra delle Sorelle, cosa farete?”. La Strega si interruppe bruscamente, essendosi resa conto di quanto fosse inutile aggiungere altro alla domanda: per le leggi di guerra, riconosciute da Uomini, Elfi e Streghe, invasori ed occupanti avevano obblighi molto simili, il primo dei quali era quello di non nuocere ai non combattenti.

Bella donna sapeva bene che altro era riconoscere le leggi, altro applicarle, così come lo sapevano le Streghe. Sapeva anche che a memoria di Uomo e di Elfo i territori dell’Ovest governati dalla Tavola non erano mai stati occupati da altri Regni, e sapeva anche, per averlo studiato, che l’ultimo e forse unico tentativo di sottomettere le Streghe risaliva alla prima era del Regno Elfico, quando Re Finlo, terzo del suo nome, condusse un’armata sin quasi alle porte della città capitale delle Streghe, fu intrappolato con le spalle ad un fiume e lì ucciso con tutti i suoi, O meglio, quasi tutti: le Streghe riconsegnarono al nipote del Re – essendo il figlio stato ucciso con lui – un piccolo numero di superstiti quasi tutti mutilati cui si dovette il diario di guerra dell’Armata Disfatta, come veniva chiamata dai superstiziosi Elfi, e quel poco che gli Elfi stessi e gli Uomini sapevano delle Streghe e della loro Terra.

Accordi sottoscritti (24)

L’Elfa tacque. Le Streghe avevano ascoltato attente il breve discorso in lingua comune e man mano che Belladonna elencava i termini della resa – che tale era e non certamente un trattato di pace – e la sanzione della scomparsa delle Streghe come popolo indipendente e sovrano sulle Terre che occupavano dall’inizio dei tempi avevano perso la studiata impassibilità, che aveva ceduto il posto prima allo sconcerto, poi allo sgomento. Si attendevano certamente, così capì l’Elfa, un duro trattato, come quello imposto al Regno Nero alla fine dell’altra guerra dalle potenze vincitrici – Regno degli Elfi e Regni degli Uomini – ma non questo. A voce bassissima si consultarono brevemente nella loro lingua oscura e melodiosa, ignorando che Belladonna poteva comprenderla. Erano però sussurri e l’Elfa coglieva una parola su tre. Ma pure questo bastava per capire che la più giovane delle streghe suggeriva di accettare senza discutere, la più anziana di rifiutare e l’alto ufficiale di prendere tempo.

Ricordando quanto aveva detto la Strega che con l’armata si era arresa dopo la Battaglia della Valle, Belladonna spostò sguardo ed attenzione sulla scorta, poche Streghe impietrite in posizione di rispetto alle spalle delle sorelle della Tavola. Guidata forse dal potere, che non aveva più richiamato da qualche alba, fissò negli occhi bianchi la Strega alta e dai lunghi capelli, con la quale, travestita da semplice graduato, aveva ispezionato il palazzo. Fu improvvisamente certa di avere davanti agli occhi una delle Guardie, che avevano rovesciato la vecchia Tavola e dunque detenevano il reale potere tra le sorelle, e che avrebbero deciso il futuro delle Streghe, degli Uomini, degli Elfi e delle Terre Conosciute. Come se si fosse resa conto di essere stata riconosciuta, e come se avesse riconosciuto la sua volta in quel maturo graduato, il generale che dominava l’incontro e dettava le umilianti condizioni alle sconfitte, la Strega prima sorrise increspando appena le labbra, per poi sbattere rapidamente le palpebre sugli occhi bianchi. Belladonna contò: uno, due, tre e finalmente quattro volte; cosa significava? Avrebbe voluto avere accanto Rebon per chiederglielo o magari avrebbe potuto chiamare di nuovo il potere possedendo nell’ano il giovane barbaro o la Strega che si era data a lei, connettendosi così con ogni Strega presente nelle Terre Conosciute, prigioniera nella Valle o ancora libera che fosse.

Nel brevissimo spazio di quel battere di ciglia le rappresentati della Tavola sembrarono aver raggiunto un accordo. La più giovane delle Streghe fece un piccolo cenno col capo e le altre due la imitarono, poi iniziò a parlare: “Mia signora, questa Tavola parla per tutte le Sorelle che non hanno chiesto o voluto la guerra, e hanno soltanto obbedito alla legittima autorità che ha purtroppo ecceduto i suoi poteri. Le Sorelle offrono quindi riparazioni di guerra da pagarsi in oro, questo subito, e in merci per le prossime stagioni, nelle quantità sulle quali potremmo accordarci. Le Sorelle consegneranno le armi nella misura che tu, mia signora, deciderai. In cambio della liberazione delle prigioniere, nei tempi che deciderai, mia signora, ti offriamo, inoltre, lavoratrici specializzate nelle forge e lavorazione dei metalli, e nella concia e lavorazione delle pelli, per le quali dovrai solo provvedere al vitto”. La Strega fece una pausa e abbozzò un incerto sorriso prima di continuare. “Come sai, miao signora, le Sorelle sono molto parche e non ti costeranno quindi in acqua acidulata e gallette più di tanto”.

Accordi sottoscritti (23)

Belladonna sfiorò i battenti della porta che vennero spalancati dall’interno, mostrando che la sala era già in parte occupata. Lungo le pareti si alternavano esploratore e lancieri in posizione di attesa e ai due lati del tronetto avevano preso posto dei furieri con tavolette, carta, stili e calamai. L’Elfa tenne gli occhi fissi sulla Streghe, che non mostrarono alcuna sorpresa.

“Vediamo fino a che punto riuscite a restare impassibili”, pensò dunque l’Elfa bruna, e diede il segnale alla Bastarda, che sbatté i tacchi e si rivolse alle Streghe nei termini della più fredda cortesia militare: “Vogliate seguirmi, mie signore”.

Ciò detto, e senza attendere risposta, l’Elfa bionda varcò la soglia con passo deciso e finalmente si arrestò all’altezza della seconda fila di panche: non si era voltata indietro neanche una volta per controllare se le streghe avevano obbedito; non ebbe nemmeno bisogno di aprire bocca: le inviate della Tavola, scambiatosi uno sguardo, presero posto, e la loro scorta si accomodò sulla panca immediatamente successiva.

Belladonna contò fino a quattro ed entrò a sua volta nella sala seguita dalla guardia, mentre lancieri ed esploratori assumevano la posizione di rispetto. La Bastarda ordinò nel suo migliore tono da ufficiale: “In piedi”. Scattarono in posizione di rispetto i furieri e dopo una piccola clessidra le Streghe li imitarono restando immobili mentre Belladonna raggiungeva il proprio posto, si guardava attorno annuendo e finalmente si accomodava: solo allora la Bastarda ordinò: “Attesa”. I furieri tornarono a sedere, esploratori e lancieri abbandonarono la posizione di rispetto, salutarono con le spade ed assunsero quella di attesa, e finalmente le rappresentanti della Tavola tornarono a loro volta a sedere.

Attese Belladonna ancora qualche piccola clessidra. E finalmente parlò, fissando negli occhi la Strega che aveva scelto come interlocutrice. “La Regina, Vittoriosa, Trionfatrice degli Elfi, ha accettato la resa dell’armata, che ha proditoriamente invaso il Regno e con esso le Terre degli Uomini. Alle prigioniere ha concesso la vita, come intende concederla a tutto il popolo sconfitto. Le Terre dell’Ovest saranno dunque una nuova provincia del Regno. E come è giusto saranno amministrate da un governatore nominato dalla Regina, che provvederà entro dodici lune dall’insediamento a censire le abitanti ed a redigere l’inventario dei beni, le une e gli altri di proprietà della Regina per diritto di vittoria. Entro due albe dovranno essere consegnate tutte le armi e restituiti i sudditi della Regina ingiustamente deportati all’interno della Provincia. Dovrà essere consegnato entro lo stesso termine chiunque abbia avuto parte nella decisione di aggredire le Terre degli Uomini ed il Regno: per loro è prevista la punizione secondo la legge della Regina. Infine, solo una di voi tornerà nella Provincia, scortata dalle nostre armi. per assistere il governatore nell’applicazione della legge della Regina. Le altre resteranno in ostaggio a garanzia dell’onesto e devoto comportamento delle nuove proprietà della regina. E saranno qui raggiunte dalle altre responsabili della Tavola, che cesserà di esistere dopo la sottoscrizione della resa”.

Accordi sottoscritti (22)

Belladonna non trattenne un sorriso che le si disegnò sulle labbra sottili. “Il tuo è un vasto programma, Rebon, e non possiamo comandare agli abitanti delle Terre Conosciute di innamorarsi. E adesso andiamo a convincere le Streghe”.

Rebon assunse la posizione di rispetto: “Comanda, mia signora. Sei bellissima, mia signora, le Streghe si innamoreranno di te e ti obbediranno in tutto e per tutto”.

*  *  *

Le Streghe attendevano sulla soglia del salone delle udienze, le tuniche di un bianco abbagliante ornate da fregi dorati sui bordi. Al contrario della loro Guardia non indossavano le brache aderenti ed esibivano caviglie sottili, polpacci muscolosi e cosce tornite, queste ultime abbondantemente scoperte dagli orli corti; tenevano gli occhi bianchi fissi in quelli di Belladonna, come a cercare di penetrare nella sua mente per scoprire cosa le attendesse. Non sembravano impazienti, nonostante fossero state costrette ad aspettare la controparte: Belladonna si era accuratamente documentata ed aveva fatto in modo di presentarsi in piccolo ma determinante ritardo, per lasciare la controparte in attesa come dei supplici e per sottolineare la disparità delle forze e dei ruoli.

Le Streghe sembravano dunque tranquille: una accanto all’altra una giovanissima dal seno quasi piatto, una anziana con qualche striatura bianca nei capelli neri portati praticamente corti – probabilmente la Strega più anziana che l’Elfa avesse mai incontrato – e infine quella che la Bastarda aveva accuratamente descritto, ovvero il colonnello delle armate che Belladonna riteneva essere la voce più influente nella Tavola.

Senza aprire bocca, Belladonna e la Strega più giovane si scambiarono le credenziali; l’Elfa lesse l’ampio mandato concesso dalla Tavola alle Sorelle presenti, sottoscritto da incomprensibili ed eleganti ghirigori in inchiostro viola come gli occhi della Regina Nera e dal ben noto sigillo in cera rossa che Uomini ed Elfi avevano imparato a riconoscere da quando ingaggiavano le Streghe nelle loro armate. “Rosso sangue”, pensò, e non per la prima volta, Belladonna, mentre porgeva il documento alla Bastarda che lo arrotolò con rapida efficienza per riporlo in qualche recesso della tunica.

Le Streghe studiarono più a lungo la breve delega stilata da Rebon e sottoscritta dalla complicata firma della Regina; Belladonna non poté fare a meno di pensare con un sorriso appena accennato sulle labbra sottili alla giovane Donna che firmava il documento mentre veniva presa nell’ano da Tessa con il grande membro virile di legno che aveva già dimostrato di apprezzare e si chiese se le Streghe, che sembravano ben informate, sospettassero o addirittura sapessero quanto la Regina Nera fosse cambiata, nonostante le due sorelle infiltrate alla Corte fossero state rese innocue.