Accordi sottoscritti (24)

L’Elfa tacque. Le Streghe avevano ascoltato attente il breve discorso in lingua comune e man mano che Belladonna elencava i termini della resa – che tale era e non certamente un trattato di pace – e la sanzione della scomparsa delle Streghe come popolo indipendente e sovrano sulle Terre che occupavano dall’inizio dei tempi avevano perso la studiata impassibilità, che aveva ceduto il posto prima allo sconcerto, poi allo sgomento. Si attendevano certamente, così capì l’Elfa, un duro trattato, come quello imposto al Regno Nero alla fine dell’altra guerra dalle potenze vincitrici – Regno degli Elfi e Regni degli Uomini – ma non questo. A voce bassissima si consultarono brevemente nella loro lingua oscura e melodiosa, ignorando che Belladonna poteva comprenderla. Erano però sussurri e l’Elfa coglieva una parola su tre. Ma pure questo bastava per capire che la più giovane delle streghe suggeriva di accettare senza discutere, la più anziana di rifiutare e l’alto ufficiale di prendere tempo.

Ricordando quanto aveva detto la Strega che con l’armata si era arresa dopo la Battaglia della Valle, Belladonna spostò sguardo ed attenzione sulla scorta, poche Streghe impietrite in posizione di rispetto alle spalle delle sorelle della Tavola. Guidata forse dal potere, che non aveva più richiamato da qualche alba, fissò negli occhi bianchi la Strega alta e dai lunghi capelli, con la quale, travestita da semplice graduato, aveva ispezionato il palazzo. Fu improvvisamente certa di avere davanti agli occhi una delle Guardie, che avevano rovesciato la vecchia Tavola e dunque detenevano il reale potere tra le sorelle, e che avrebbero deciso il futuro delle Streghe, degli Uomini, degli Elfi e delle Terre Conosciute. Come se si fosse resa conto di essere stata riconosciuta, e come se avesse riconosciuto la sua volta in quel maturo graduato, il generale che dominava l’incontro e dettava le umilianti condizioni alle sconfitte, la Strega prima sorrise increspando appena le labbra, per poi sbattere rapidamente le palpebre sugli occhi bianchi. Belladonna contò: uno, due, tre e finalmente quattro volte; cosa significava? Avrebbe voluto avere accanto Rebon per chiederglielo o magari avrebbe potuto chiamare di nuovo il potere possedendo nell’ano il giovane barbaro o la Strega che si era data a lei, connettendosi così con ogni Strega presente nelle Terre Conosciute, prigioniera nella Valle o ancora libera che fosse.

Nel brevissimo spazio di quel battere di ciglia le rappresentati della Tavola sembrarono aver raggiunto un accordo. La più giovane delle Streghe fece un piccolo cenno col capo e le altre due la imitarono, poi iniziò a parlare: “Mia signora, questa Tavola parla per tutte le Sorelle che non hanno chiesto o voluto la guerra, e hanno soltanto obbedito alla legittima autorità che ha purtroppo ecceduto i suoi poteri. Le Sorelle offrono quindi riparazioni di guerra da pagarsi in oro, questo subito, e in merci per le prossime stagioni, nelle quantità sulle quali potremmo accordarci. Le Sorelle consegneranno le armi nella misura che tu, mia signora, deciderai. In cambio della liberazione delle prigioniere, nei tempi che deciderai, mia signora, ti offriamo, inoltre, lavoratrici specializzate nelle forge e lavorazione dei metalli, e nella concia e lavorazione delle pelli, per le quali dovrai solo provvedere al vitto”. La Strega fece una pausa e abbozzò un incerto sorriso prima di continuare. “Come sai, miao signora, le Sorelle sono molto parche e non ti costeranno quindi in acqua acidulata e gallette più di tanto”.

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