“Andiamo, andiamo”, la incitò bruscamente la Bastarda, e Belladonna avanzò per prima oltre la soglia del palazzo dell’amministrazione: con la coda dell’occhio notò che la Strega la seguiva ad un passo, un po’ sulla sinistra.
“Se vuole uccidermi è la posizione migliore: io porto la spada a sinistra, quindi non sono mancina, e lei impugna il giavellotto con la destra. Ha il vantaggio della scelta e della posizione. Deve essere una combattente esperta, ma non si è accorta di Sorriso Solitario”, pensò l’Elfa; e di nuovo sorrise.
“Avanti, avanti”. La Bastarda, ferma sulla porta, incitava gli esploratori che sembravano meno pronti a muoversi; Belladonna ne incrociò per una piccola clessidra lo sguardo e le due Elfe si scambiarono un impercettibile cenno del capo. Molto probabilmente non è una trappola, voleva dire l’Elfa bionda, e le Streghe non ci uccideranno tutti, qui ed ora, nelle sale di questo brutto palazzo; sono d’accordo con te, voleva dire l’Elfa bruna, ma se abbiamo torto lo scopriremo solo all’ultima piccola clessidra.
Gli esploratori portavano un gomitolo di spago nero, le Streghe una matassa di filo bianco. Dopo aver ispezionato una stanza, in coppi ma tenendosi ad una certa distanza gli uni dalle altre, tendevano spago e filo attraverso porte e finestre. Il piano terreno fu rapidamente ispezionato ed i manipoli si spostarono al piano superiore, sempre incitati dalla Bastarda e dalla Strega in comando (che era, come aveva appurato Bastas, un luogotenente della riserva, a dimostrazione che le Sorelle stavano letteralmente raschiando il fondo del barile per mettere assieme una nuova armata) che restavano fianco a fianco, le mani ben lontane dalla spada l’Elfa bionda, il giavellotto tenuto vicino alla punta la Strega.
Belladonna lanciò appena un’occhiata al salone che le era stato descritto dalla Bastarda in ogni dettaglio; grazie al potere, per qualche ragione, sapeva come era stato utilizzato dall’amministratore posto lì dal Regno Nero: una delle cose che avrebbe cambiato grazie al complesso di vicende che dai piedi del trono Elfico e dagli abbracci dell’erede a quel trono la aveva condotta alla possibilità di governare, in nome della Regina Nera sulle Terre Conosciute. La pace con le Streghe era un importante tassello del quadro generale, così come l’alleanza con il Regno dei Boschi che sarebbe stata sigillata dal matrimonio della Regina con il nuovo, giovane Re, così come quella con le famiglie degli Uomini Liberi a nord della Frontiera. Così come il controllo sul Regno del Nord, così come, infine, l’appoggio delle città libere che avrebbero assicurato anche l’amicizia delle Isole del Sud.
L’Elfa bruna si riscosse, non volendo pensare a quanto sarebbe stato necessario fare per assicurare agli uomini il controllo sul Regno degli Elfi. Con la Strega non aveva scambiato una parola: si era resa conto che la prima impressione che aveva avuto era corretta, e si trattava di un soldato esperto; frugando negli angoli e aguzzando la vista nelle varie stanze, si chiedeva quasi oziosamente come mai quella sorella non fosse stata impegnata con l’armata che avrebbe dovuto conquistare la capitale del Regno Nero ed assicurare lo spazio vitale alla Tavola. Dal canto suo la Strega sembrava ignorare l’Elfa: si muoveva con freddezza ed efficacia, economizzando le forze e riuscendo a tenersi sempre in guardia. L’Elfa e la Strega sigillarono il salottino riservato alla famiglia dell’amministratore e passarono oltre.