Accordi sottoscritti (19)

“Andiamo, andiamo”, la incitò bruscamente la Bastarda, e Belladonna avanzò per prima oltre la soglia del palazzo dell’amministrazione: con la coda dell’occhio notò che la Strega la seguiva ad un passo, un po’ sulla sinistra.

“Se vuole uccidermi è la posizione migliore: io porto la spada a sinistra, quindi non sono mancina, e lei impugna il giavellotto con la destra. Ha il vantaggio della scelta e della posizione. Deve essere una combattente esperta, ma non si è accorta di Sorriso Solitario”, pensò l’Elfa; e di nuovo sorrise.

“Avanti, avanti”. La Bastarda, ferma sulla porta, incitava gli esploratori che sembravano meno pronti a muoversi; Belladonna ne incrociò per una piccola clessidra lo sguardo e le due Elfe si scambiarono un impercettibile cenno del capo. Molto probabilmente non è una trappola, voleva dire l’Elfa bionda, e le Streghe non ci uccideranno tutti, qui ed ora, nelle sale di questo brutto palazzo; sono d’accordo con te, voleva dire l’Elfa bruna, ma se abbiamo torto lo scopriremo solo all’ultima piccola clessidra.

Gli esploratori portavano un gomitolo di spago nero, le Streghe una matassa di filo bianco. Dopo aver ispezionato una stanza, in coppi ma tenendosi ad una certa distanza gli uni dalle altre, tendevano spago e filo attraverso porte e finestre. Il piano terreno fu rapidamente ispezionato ed i manipoli si spostarono al piano superiore, sempre incitati dalla Bastarda e dalla Strega in comando (che era, come aveva appurato Bastas, un luogotenente della riserva, a dimostrazione che le Sorelle stavano letteralmente raschiando il fondo del barile per mettere assieme una nuova armata) che restavano fianco a fianco, le mani ben lontane dalla spada l’Elfa bionda, il giavellotto tenuto vicino alla punta la Strega.

Belladonna lanciò appena un’occhiata al salone che le era stato descritto dalla Bastarda in ogni dettaglio; grazie al potere, per qualche ragione, sapeva come era stato utilizzato dall’amministratore posto lì dal Regno Nero: una delle cose che avrebbe cambiato grazie al complesso di vicende che dai piedi del trono Elfico e dagli abbracci dell’erede a quel trono la aveva condotta alla possibilità di governare, in nome della Regina Nera sulle Terre Conosciute. La pace con le Streghe era un importante tassello del quadro generale, così come l’alleanza con il Regno dei Boschi che sarebbe stata sigillata dal matrimonio della Regina con il nuovo, giovane Re, così come quella con le famiglie degli Uomini Liberi a nord della Frontiera. Così come il controllo sul Regno del Nord, così come, infine, l’appoggio delle città libere che avrebbero assicurato anche l’amicizia delle Isole del Sud.

L’Elfa bruna si riscosse, non volendo pensare a quanto sarebbe stato necessario fare per assicurare agli uomini il controllo sul Regno degli Elfi. Con la Strega non aveva scambiato una parola: si era resa conto che la prima impressione che aveva avuto era corretta, e si trattava di un soldato esperto; frugando negli angoli e aguzzando la vista nelle varie stanze, si chiedeva quasi oziosamente come mai quella sorella non fosse stata impegnata con l’armata che avrebbe dovuto conquistare la capitale del Regno Nero ed assicurare lo spazio vitale alla Tavola. Dal canto suo la Strega sembrava ignorare l’Elfa: si muoveva con freddezza ed efficacia, economizzando le forze e riuscendo a tenersi sempre in guardia. L’Elfa e la Strega sigillarono il salottino riservato alla famiglia dell’amministratore e passarono oltre.

Accordi sottoscritti (18)

Era quel momento in cui non è ancora giorno e non è più notte: una luce grigia dal cielo grigio rendeva appena visibili le tuniche bianche delle Streghe agli occhi di Belladonna, che aveva indossato una lacera uniforme da campo e si teneva nell’ultima linea del manipolo di esploratori al comando della Bastarda. Nonostante le preghiere dell’Elfa bionda, i suggerimenti di Rebon e gli accorati inviti dei suoi ufficiali, l’Elfa bruna voleva partecipare personalmente all’ultima ispezione del palazzo in cui di lì a qualche clessidra avrebbe incontrato le rappresentanti della Tavola. Aveva sostituito la spada bastarda di fattura elfica con quella corta degli esploratori e appuntato sul petto il triangolino di rame, graffiato e ossidato, che la identificava come graduato anziano; un berretto di panno calato sugli occhi e un fazzolettone a coprire bocca e naso completavano il travestimento. Anche gli altri esploratori apparivano male in arnese, con tuniche macchiate, braghe lucide per l’uso ed il sudore e stivali coperti di fango: in un rapido consiglio, gli ufficiali avevano deciso che non dovevano mostrarsi tirati a lucido come soldati da parata, ma di esibire invece con orgoglio i segni delle campagne vittoriose; Belladonna ne conosceva alcuni che avevano marciato con lei, assieme ai lancieri, attraverso il Regno dei Boschi e fino alla Provincia Perduta, e poi da lì fino alle Terre Sconosciute ben oltre la Frontiera; altri erano meno provati, e in quanto reduci dalla Battaglia della Valle ben conoscevano quanto pericolose potessero essere le Streghe che li aspettavano a qualche passo di distanza.

La Bastarda fece due passi avanti, imitata dalla Strega che sembrava trovarsi in comando; si scambiarono un rigido saluto poi l’Elfa porse la mano alla Strega che la fissò interdetta per qualche piccola clessidra prima di porgere la propria e toccare rapidamente quella tesa. Dalla sua posizione Belladonna non era in grado di ascoltare il dialogo; sapeva però cosa stesse dicendo la sua amante, una breve allocuzione che avevano preparato durante la notte, e poteva immaginare le risposte della Strega, che vide infatti annuire più volte, e fare poi un gesto ad una Sorella che stava in posizione di attesa proprio accanto a lei, un po’ discosta dalle altre che completavano il manipolo. Nella luce che cresceva gli esploratori si resero conto che le Streghe indossavano, sotto le consuete tuniche, delle brache dello stesso colore, molto aderenti; si trattava di un abbigliamento che Elfi e Uomini non avevano mai visto.

La Bastarda annuì a sua volta in risposta ad una breve frase della Strega, e Belladonna a trattenere un sorriso dietro il fazzolettone che completava il suo travestimento: le aveva detto più volte di parlare il meno possibile e l’Elfa bionda obbediva disciplinatamente. Poi la Bastarda impartì gli ordini e gli esploratori ruppero le righe e con scarso entusiasmo ciascuno di loro affiancò una Strega. Belladonna rimase per ultima e fu squadrata freddamente da una Strega alta, con i capelli legati stretti in una lunga coda di cavallo.  Senza parlare la Strega fece un cenno all’Elfa – un breve e freddo saluto, immaginò Belladonna, che rispose abbassando il capo – e le si pose accanto.

Accordi sottoscritti (17)

L’Elfa annuì seccamente, sempre a labbra strette, e cedette nuovamente il passo alla Strega che ringraziò con un plateale ed ironico saluto con la mano al capo e il palmo all’infuori, alla maniera degli Elfi, e continuò a parlare scendendo le scale.

“Le Sorelle non dovrebbero praticare il gioco del piacere se non per la riproduzione di altre sorelle, ma questa è una regola difficile sia da rispettare che da applicare; so che gli Uomini e gli Elfi lo fanno, senza remore e senza vergogna, e considerano la creazione di un figlio addirittura un rischio. Siamo molto diversi e dovremmo restare il più possibile separati; questo, tenente, lo diremo domani al tuo generale e forse lo convinceremo, perché abbiamo molto da offrire in cambio di una pace equa nei nostri confronti”.

L’Elfa ascoltava senza rispondere, chiedendosi come avrebbe potuto confessare il proprio desiderio a Belladonna; prima di concentrarsi nuovamente sulla missione riuscì solo a tenere le labbra serrate, e fu così che si riscosse solo quando uscì e rivide la luce del sole sulla piazza.

“Ho qualcosa per te, tenente”, disse infine la Strega unendosi alla sua piccola guardia. Diede un melodioso e incomprensibile ordine e dall’ultima fila avanzarono due Streghe che tenevano in riga con la punta dei giavellotti quattro delle loro Sorelle, nude e incatenate l’una all’altra per il collo.

“Mia signora, non capisco”, rispose la Bastarda, la cui mano corse istintivamente al fianco dove non c’era più la spada.

“Queste sorelle”, rispose la Strega mostrando i denti bianchissimi e lievemente acuminati in un sorriso, “non sono per te in realtà, tenente. Sono state catturate poche clessidre fa da una vostra pattuglia, dopo una ridicola scaramuccia nella piazzaforte”, la Strega fece un gesto vago indicando genericamente i confini dell’abitato, “e ce le hanno riconsegnate come segno, crediamo, di buona volontà”.

La Bastarda non era al corrente di quanto avvenuto nel piccolo castello che dominava il paese; sapeva soltanto che gli esploratori erano stati inviati in una missione quasi di ordinaria amministrazione. Rimase dunque in silenzio, chiedendosi se Guionnen non avesse compiuto un errore: la mentalità delle Streghe era sconosciuta e spesso le reazioni non erano quelle attese.

“Sappiamo che gli Uomini si comportano così e non crediamo che ci abbiano ritornato queste Sorelle per dirci che non le considerano degne di servire come prigioniere in questa vita e in quella a venire. Le restituiamo a nostra volta ai soldati che le hanno sconfitte perché ne facciano ciò che desiderano”.

La Bastarda tirò dunque un respiro di sollievo.

“Sia, mia signora, come tu dici. Sarà mia cura consegnare queste prigioniere a chi di ragione, che sarà giustamente ricompensato per il valore dimostrato. A suo nome, ed a nome di tutti noi, voglio rendere qui omaggio all’onore del tuo popolo, mia signora”.

“Non possiamo tenere con noi sorelle indegne che non hanno avuto il coraggio di morire invece di vivere nella sconfitta; il nostro gesto è dunque meno onorevole di quanto appare. Ma tu ora ti chiederai, tenente, perché la nostra armata si è arresa”. La Strega non attese la replica dell’Elfa e continuò: “Quando si tratta della sopravvivenza di un popolo le regole sono diverse, tenente. Le Sorelle dovranno comunque sopravvivere come popolo e ci riusciranno, anche se questa sorella con cui stai parlando dovesse morire ora, o alla prossima alba sia messa a morte dal tuo generale, e anche se quelle quattro sorelle indegne finissero i loro giorni di questo vita al servizio degli Uomini e restassero lontane dall’altra vita per stagioni e stagioni”.

“Mia signora, mi auguro che tu non muoia: sono certa che come accendi la mia fantasia accenderai del generale, la mia padrona, che chiederà alla nostra signora la Regina il meritato premio”, replicò la Bastarda.

“La tua padrona conosce il potere delle Sorelle, tenente, e vedo che lo stai provando anche tu: dovrai imparare a dominarlo. Porta con te la preda dei tuoi soldati: per altre prede, dovrai vincere altre battaglie”.

L’Elfa capì che si trattava di un congedo: si irrigidì nella posizione di rispetto e rese il saluto alla Strega, che lo ricambiò.

Accordi sottoscritti (16)

In realtà erano numerose le stanze che facevano ala al salone: secondo l’Elfa, alcune costituivano gli appartamenti privati dell’amministratore, con salottini, uno studio e tre camere con grandi letti a baldacchini, niente di sontuoso ma tutto molto pratico e confortevole, altre ospitavano uffici, più grandi e meglio arredati di quelli al piano inferiore, probabilmente destinati ai collaboratori più stretti del capo dell’amministrazione. Niente era comparabile a quanto la Bastarda conosceva dell’amministrazione Elfica, dal momento che i Regni degli Uomini erano meno ricchi e sviluppati di quello degli Elfi e che il Regno Nero, già prima della sconfitta nell’altra guerra,  era il più povero tra questi.

“Sigilleremo anche questi locali, mia signora”.

“Va bene, tenente. In effetti non sono adatti. E che tu ci credo o no, tenente, io sono sempre stata contraria alla guerra decisa dalla precedente Tavola, e così le sorelle che incontrerai domani. E nemmeno sono stata mai qui”.

La Strega e l’Elfa si ritrovarono nel salone; si guardarono attorno e valutarono nuovamente gli spazi a disposizione. Poi, senza parlare, si diressero verso la scala a chiocciola che partiva da un angolo e si arrampicava fino all’ultimo piano. Fu la Strega ad imboccarla per prima, sempre in silenzio, ed in silenzio l’Elfa la seguì. Era una scala ripida con gli scalini stretti: la Bastarda rivolse lo sguardo verso il basso per essere sicura del passo e per non farsi distrarre da quello che la corta tunica della Strega faticava a nascondere: proprio all’altezza degli occhi, la succosa vagina sigillata e l’ano esposto, nel bel mezzo delle natiche muscolose. L’Elfa sapeva che Morwen aveva goduto di una Strega che le si era offerta e più che gelosa ne era invidiosa non avendo mai potuto giocare al gioco del piacere con una di loro. Cercò di scacciare quel pensiero e di nascondere il turbamento che le causava, ma non ci riuscì.

“Stai pensando che potresti avermi per diritto di vittoria, tenente; ma le Sorelle non sono prede, anche se sono state sconfitte. Ne potremo parlare quando avremo firmato la pace, e se a me piacerai come io piaccio a te”, disse infatti la Strega, quando nuovamente si trovarono fianco a fianco. L’ultimo piano era privo di pareti divisorie ed era occupato da brande a castello e armadietti di legno; entrambe soldati, lo riconobbero per quello che era, ovvero un accantonamento militare.

“Qui c’era la guardia della provincia, tenente. Valida cautela per l’amministratore, tenerla così vicina”: La Strega scoccò un’occhiata all’Elfa, che teneva le labbra strette e non proferiva parola, ripensando alla dichiarazione della Strega che implicava una disponibilità ad un rapporto tra pari, cosa che non poteva ammettersi. “Non erano soldati, non ho mai visto nessuno più rapido nel gettare le armi ed arrendersi. Li abbiamo internati oltre il confine con gli altri, e con gli altri torneranno, ma vorrai suggerire al tuo generale ed alla tua padrona, la Regina, di migliorare l’addestramento delle forze armate: E sì, sigilleremo anche questa sala, e tutto il piano”.

“Dunque possiamo uscire, mia signora: devo far rapporto al generale”.

“Ma certo, tenente. Sei improvvisamente a disagio, vedo, e mi dispiace. Di quello che ti ho detto prima, prendi la parte migliore e non la peggiore, e vedrai che ti sentirai subito meglio”.