Forse perché non prevedeva il contatto col nemico, il piano di marcia predisposto per l’Armata della Vittoria fu rigorosamente rispettato e così un piccolo stormo di fanteria montata, che costituiva l’avanguardia della più ridotta colonna diretta all’incontro con la delegazione delle Streghe, entrò cautamente nella cittadina di Castello Piccolo alla clessidra prevista, trovandolo completamente vuoto di persone e animali, eccezion fatta per un drappello di Streghe che evidentemente si trovava lì per lo stesso motivo; le Streghe e gli Uomini portavano bandiere di tregua e si limitarono a scambiarsi occhiate preoccupate prima di rimandare indietro pattuglie per riferire ai superiori dell’avvenuto contatto.
Belladonna era a metà della breve colonna, accanto ai carri chiusi in cui viaggiava la Regina con il suo piccolo seguito; quando le fu riferita la notizia avrebbe voluto avanzare di persona per verificare il terreno e ne fu dissuasa da Bastas.
“Mia signora, non è il momenti di esporti, e non devi essere tu ad attendere la Tavola, piuttosto il contrario: tu sei la vincitrice”, disse l’Elfa bionda. “E poi, io cavalco meglio di te”.
Avutane licenza da un cenno del Generale, la Bastarda chiamò a sé due cavalleggeri e partì a briglia sciolta. Belladonna avrebbe voluto dire all’amante di stare attenta e di essere più cauta: con il potere seguiva, piccola clessidra per piccola clessidra, la crescita del figlio che le aveva piantato dentro; la Bastarda non lo sapeva ancora e lo avrebbe scoperto solo di lì a qualche alba, quando non avrebbe visto apparire il suo sangue di Elfa dalla succosa vagina. Belladonna si chiedeva anche quando avrebbe avuto l’occasione di offrirsi ad Arjo Fennersson per farsi piantare dentro a sua volta un figlio; si chiedeva anche quando avrebbe di nuovo posseduto la Regina, che nel carro accanto a lei viaggiava nuda, bendata e legata come nuova prova di obbedienza, accompagnata da Tessa che le ripeteva all’orecchio quello che avrebbe dovuto fare quando sarebbe giunta a destinazione. Il carro era condotto con polso sicuro da Irina Fiodorovna e attentamente scortato dalla Guardia agli ordini di Rebon.
L’Elfa considerò la situazione approfittando della sosta. Aveva portato con sé i lancieri guidati da Lana Mastdottir, oltre a pochi cavalleggeri ed esploratori; si trascinava dietro anche la Strega che aveva sottoscritto l’armistizio, e sua figlia che aveva portato l’accettazione della nuova Tavola e le sorprendenti notizie dalla Terra delle Streghe: le due viaggiavano, bendate e imbavagliate, fianco a fianco nell’ultimo carro scoperto, ignorando l’una la presenza dell’altra. Il Generale sconfitto, dopo essere stato nelle mani di Guionnen e di Marison, non era in grado di muovere più di due o tre passi e doveva essere medicata ogni alba. Belladonna si chiese nuovamente se avesse sbagliato a fidarsi delle Streghe e rimpianse di avere affidato il grosso dell’Armata a Geon, che doveva essere ormai giunto a Castello Grande lungo le strade più agevoli e che si trovava dunque trenta miglia più addietro. “E sia”, concluse, “ora sono responsabile di un’altra vita, e di un’altra ancora che dovrà nascere, oltre a quelle di quanti hanno scelto di seguirmi, e dovrò fare del mio meglio per proteggerle”.