Guionnen si chiese finalmente se alle sue spalle non fosse presente un’altra Strega, pronta a piantargli nel mezzo delle reni il giavellotto che maneggiavano con tanta abilità. Scacciò il pensiero ed affondò di più la lama prima di rispondere: “Non ho voglia di ucciderti. Ordine alle tue sorelle di lasciar cadere le armi e di inginocchiarsi lì dove si trovano e almeno oggi non morirà nessuno”.
“Lo farò, ma tu allontana questo coltello, che taglia e mi porta sempre più lontano dalla mia vita futura”, replicò la Strega; e a Guionnen sembrò, per la prima volta, di percepire il terrore nella voce della Strega sotto di lui. Lo stesso terrore, insomma, che aveva visto begli occhi bianchi delle prigioniere che con la sua donna feriva lentamente prima di scegliere il momento giusto per porre le domande. Ridusse appena la pressione della lama e la Strega modulò un richiamo nella sua incomprensibile lingua.
Il piccolo ufficiale spinse di nuovo il coltello contro la pelle delicata della Strega. “Parla nella lingua comune”, intimò. E prima che la Strega potesse dire qualcosa alle spalle di Guionnen risuonò la voce acuta di un esploratore giovanissimo.
“Tenente, tutto a posto. Le abbiamo prese tutte, e senza fargli troppo male”.
“Non è questo il modo di fare rapporto”, si intromise, da qualche parte, un anziano graduato con la sua voce roca. Guionnen lo aveva lasciato a guidare un manipolo di fanti armati alla leggera e la sua fiducia era stata premiata. Sentì la Strega agitarsi sotto di lui irrigidendo tutti i muscoli per poi abbandonarsi, e la vide chiudere gli occhi. Con gli occhi ancora chiusi, parlò di nuovo: “Davvero dovresti uccidermi e liberarmi dalla vergogna: ho portato le mie sorelle alla rovina, alla sconfitta ed alla schiavitù. Fallo, ti prego, e nell’altra vita ti servirò quando arriverà il tuo turno”.
“Oggi non deve morire nessuno”, replicò secco Guionnen, “lo abbiamo già detto, e non morirai neanche tu. Adesso tolgo il coltello, tu girati lentamente, a pancia sotto”.
La Strega obbedì, sentendo che l’Uomo pesava meno sopra di lei e che la lama del coltello premeva meno sulla pelle.
“Mani dietro la schiena, adesso”. Guionnen piazzò un ginocchio sulla nuca della Strega immobilizzandola. Strappò poi un lembo della tunica tagliandolo con il coltello, e legò rapidamente i polsi della sua prigioniera.
“Non voglio farti male, ma capirai che non mi fido”, disse poi; la afferrò per i capelli e la fece mettere in ginocchio. “Vi riporterò dalle vostre sorelle”, aggiunse, “se mi giureranno di stare alla larga da questa piazzaforte: i miei superiori vogliono avere le spalle coperte domani, quando si incontreranno con i tuoi”. Il piccolo ufficiale perquisì rapidamente la Strega e si impossessò di un piccolo e affilatissimo pugnale che questa portava legato alla coscia; con sua sorpresa, si rese conto che la prigioniera non aveva con sé acqua o gallette.
La Strega, mentre l’Uomo la frugava, restava in silenzio, immobile: anche quando Guionnen infilò un dito nell’ano alla ricerca di chissà cosa. Alla fine, le fu ordinato di alzarsi in piedi e finalmente parlò: “Cosa intendi fare, Uomo, alle mie sorelle?”.
“Lo stesso che farò a te, andremo ai tuoi avamposti e vi restituiremo, tu e le altre, al tuo superiore. Tu lo hai detto, la guerra è finita e siete state sconfitte, e adesso appartenete alla mia regina: non voglio certo danneggiarvi”.