Giunsero al posto di comando proprio mentre Lillian Fennersdottir, scortando un cuciniere, si presentava a rapporto con le provviste richieste: un grosso tegame fumante, una gerla di vimini colma di gallette, alcuni orci. Dal tegame si alzava un gradevole profumo di erbe e di pesce, e l’Elfa si chiese oziosamente quale miracolo avesse compiuto Bruin: dove aveva trovato, in quella pianura circondata da montagne e priva di fiumi che non fossero rigagnoli, quegli abitatori del mare? E quanto li aveva pagati? Bastas, uscita sulla soglia, vide l’amante e di buon grado fece un passo indietro lasciando all’Elfa bruna il comando delle operazioni. Del pari di buon grado, congedato il cuciniere, ne rilevò il posto tra le stanghe del traballante carretto sul quale erano stipate le provviste e con l’aiuto della giovane Barbara, che aveva scoccato più di un’occhiata a Rebon, prese la strada delle nuove baracche, con l’ordine di consegnare il cibo a Toson e di tornare indietro più in fretta possibile.
Belladonna e Rebon si accomodarono al centro della tenda, il più lontano possibile dalle pareti, ed il piccolo lanciere si guardò a lungo attorno prima di dirsi soddisfatto e di iniziare il rapporto.
“Mia signora, sai già che lo Stato Maggiore intende ucciderti, e con te tutti noi che siamo percepiti come uomini e donne di tua fiducia. Lo Stato Maggiore intende altresì impadronirsi della Regina e prendere il potere”.
“Lo sto già facendo io, sanno anche loro che in tempi come questi chi controlla il corpo del re controlla il potere”.
“Mia signora, non è una cosa su cui scherzare: quanti della tua armata ti difenderebbero contro le forze dello Stato Maggiore?”.
“Ci siamo già posti il problema, ma ora le cose sono cambiate. Io ho più uomini, più mezzi, ed ho vinto un’altra battaglia, anzi, ho vinto la Guerra delle Streghe dopo aver vinto la Guerra della Regina: è lo Stato Maggiore che dovrebbe chiedersi quanti delle loro armate obbedirebbero all’ordine di attaccarci”.
“So che tu non vuoi governare, mia signora, ed è un peccato. Capisco bene che non intendi scatenare una guerra civile nel Regno, ma non sarai mai al sicuro se non metti al loro posto i generali”.
“Intendi ucciderli? Preferirei di no”.
“Potresti dover scegliere tra te e loro, mia signora”.
Belladonna non ebbe neanche bisogno di pensarci: si fidava di Rebon come di sé stessa e non vedeva alcun motivo di celargli i propri programmi futuri.
“Tratteremo la pace, firmeremo il trattato alle migliori condizioni possibili, e poi Bastas ed io spariremo, semplicemente. Attraverso la Terra delle Streghe potremo raggiungere il mare occidentale e di lì le Isole. Cambieremo nome e magari aspetto: Bastas non vede l’ora di lasciar ricrescere i capelli e si augura che anche io faccia lo stesso, adorava la mia treccia cui dava strattoni durante il gioco del piacere”.
Rebon arrossì: “Anche a me piace tirare i capelli a Tessa mentre la prendo da dietro, ed a lei piace mescolare il piacere con un po’ di dolore. Perdonami, mia signora, sto divagando. Dovresti però trovare un modo di tenere i generali occupati almeno per le prossime albe”.
“Già, prima che mandino qui altri assassini. Sono sicura che tu hai qualche idea, non è vero?”.
“In realtà sì, mia signora. La Regina, adesso, governa le Terre Conosciute. Nomina il generale invitto viceré della Terra degli Elfi, e magari Samel viceré del Regno dei Boschi, ed un altro ancora viceré del Regno del Nord, ed inviali ad occupare i loro nuovi troni nel nome della Regina. Avrebbero abbastanza da fare per lasciarti tranquilla, almeno per un po’”.